Vita da nomade digitale
La mia vita in viaggio: esperimento di vagabondaggio con il pc a portata di manoIl mese scorso ho fatto il mio primo vero e proprio esperimento e esperienza di vita da nomade digitale.
Ho sempre viaggiato tanto ma in diverse modalità: mi sono trasferita più volte, ho viaggiato per lavoro come accompagnatrice turistica, per viaggi miei e per progetti europei e blog tour.
Non mi era mai ancora capitato, però, di sperimentare la vita da nomade digitale di cui tanto si parla negli ultimi anni. Ecco, ora l’ho fatto e questo articolo racchiuderà le mie considerazioni.
Vediamo insieme:
- cosa significa essere nomade digitale (se già sai skippa) e che lavoro faccio io quando dico di esserlo;
- pro e contro della vita da nomade digitale;
- le mie considerazioni su questo stile di vita in viaggio (e i miei disagi, che non riguardano solo la mia difficoltà con il minimalismo);
- le vostre domande.
Geht’s los.
Cosa significa essere nomade digitale e cosa si fa nel nomadismo digitale
Partiamo da una premessa che è forse superflua: essere nomadi digitali non è un lavoro di per sé. Vivere una vita da nomade digitale significa, piuttosto, vivere viaggiando. E, soprattutto, lavorare viaggiando o spostandosi.
Fare il nomade digitale significa non solo poter lavorare da qualunque posto ma poi farlo per davvero.
Tecnicamente significa che ci si trasferisce ogni X tempo (quanto tempo si decide di restare in un posto è, ovviamente, una decisione personale).
Tutto ciò è reso possibile dal fatto di poter gestire il proprio lavoro in modo digitale – figo, eh?! – quindi con un computer.
Da quando ho scoperto questo stile di vita l’idea di provarlo e vedere che effetto facesse su di me mi ha sempre stuzzicato.
Oltre ad essere un’accompagnatrice turistica è da qualche anno che mi occupo del mondo digitale, in particolare di scrittura.
“Santa, ma quindi tu che lavoro fai per definirti nomade digitale?”
In breve, mi occupo di scrivere contenuti SEO-oriented e gestisco alcune pagine social di realtà con cui collaboro.
Pro e contro della vita da nomade digitale
Negli ultimi anni si parla dei nomadi digitali come questi esseri mitologici che fanno una vita fighissima e vivono a bordo piscina. Ma è davvero così?
Di solito si associa alla figura del nomade digitale la parola libertà. Ma in che senso?
La prima associazione di pensiero è che questi tipi, senza fissa dimora, lavorino davvero poco e che quindi facciano una vita bella e basta. Per quello che ho capito io è l’effetto dei social che distorce, come al solito, tutto.
Ma ci sarà anche qualche effetto contrario? Qualche disagio che sti poveretti devono affrontare?
Vediamo pro e contro della vita da nomade digitale.
Vantaggi della vita da nomade digitale
Quando si parla di libertà associata al nomadismo digitale ci si riferisce, soprattutto, alla libertà fisico-geografica. Non essendo il “nomadismo digitale” un lavoro di per sé, ma solo uno stile di lavoro, la quantità di tempo libero dipende molto dal lavoro che si fa.
Alcuni nomadi digitali sono dipendenti e hanno degli orari di lavoro da rispettare, come tutti gli altri.
Alcuni nomadi digitali sono dei freelance e come sta diventando sempre più noto lavorano probabilmente più degli altri, ma senza vincoli di orari.
Alcuni nomadi digitali sono imprenditori, cioè hanno deciso di mettere su una propria realtà commerciale, e secondo me questi ultimi lavorano ancora di più.
Io, per esempio, rientro nella seconda categoria e ci sono dei periodi in cui lavoro un sacco e altri in cui posso gestire il tempo come voglio. Dipende dalle collaborazioni che mi capitano e, lavorando con i social, dal mese e dagli eventi che ci sono in quel mese.
La parolina magica, che risponde a tutte le domande è: dipende!
Svantaggi della vita da nomade digitale
Partiamo dal presupposto che se uno intraprende uno stile di vita da nomade digitale, di solito, lo ha scelto.
Gli svantaggi di questo stile di vita e di viaggio potrebbero essere diversi, ma partono un po’ da diverse premesse.
Secondo me, quando fai uno stile di vita del genere, meno “scontato” lo hai voluto e quindi anche le difficoltà le vive, forse, in modo un po’ più consapevole. Con un perché.
Non mi dilungherò troppo sugli svantaggi generali, perché, in realtà, non li conosco. Quello che so sono le difficoltà che ho avuto io e le vediamo subito.
Nomade digitale sì, nomade digitale no?
Qui si apre un pippone di considerazioni, probabilmente emotive, sul mio modo di viaggiare e sul perché viaggio e perché ho deciso di fare questo esperimento.
Per chi volesse skippare questa parte sarò breve: secondo me si può fare, ma in modo un po’ diverso da come l’ho fatto io questo mese.
Sono stata al massimo 10 giorni in ogni posto e poi sono passata alla meta successiva. Alcuni posti sono stati nuovi ed è stato bello scoprirli, altri invece li conoscevo già e quelli sono stati i più difficili da attraversare.
Il mio problema è che ho bisogno di sentire un rapporto di appartenenza con i posti che attraverso e ci vuole tempo, cura. I viaggi veloci non fanno per me. Non hanno cuore.
Riattraversare dei posti in cui avevo lasciato un pezzetto di cuore mi ha messo un’immensa gioia e tristezza dentro. Allo stesso tempo.
Gioia perché li amo quei posti, fanno parte delle mie storie, mie e delle persone che le hanno vissute con me.
I posti delle risate, le scoperte, piccole e grandi. Le visite insolite ai musei del cinema poco raccomandabili. I profumi, i suoni, i colori, le atmosfere e le finestre che sanno di mare. Le cabine telefoniche degli anni 2000 e l’amuchina.
I giardini luzzati.
Tristezza perché provare a forza ad rientrare in una vita che non ti appartiene più fa male. Non funziona.
È come quell’ex che ti piace ancora così tanto, ma c’è qualcosa che non funziona. Entrambi vi volete ma puntualmente qualcosa non va.
E per fortuna la memoria certe volte è labile – tranne la mia che ricordo tutto, maledizione – e quindi si va avanti verso un altro porto, che prima o poi diventerà sicuro.
“Quindi, Sa, ti piacerebbe vivere da nomade digitale, sì o no?”
Ah, last, but not least, un altro mio disagio, di cui chi mi segue sui social già sa è il mio problema con il minimalismo. A questo giro sono partita tra l’autunno e l’inverno e quindi la mia valigia era un misto di improvvisazione e fantasia di mezze stagioni, che, come sai, non esistono più!
Trasportare una valigia con tutto il necessario, più gli strumenti tecnologici che mi permettono di lavorare è tra le cose che più soffro nei miei viaggi e nei miei mille traslochi.
L’associazione nomadismo digitale e minimalismo è fondamentale!
Le vostre domande sul mio esperimento da nomade digitale
In questo mese di vagabondaggio digitale ho raccolto anche un po’ di curiosità da Instagram, sia sul mio personalissimo esperimento da nomade digitale, sia in generale. Eccole.
Che lavoro fai per definirti nomade digitale e riesci a mantenerti?
Il lavoro che faccio io per definirmi nomade digitale l’ho già scritto sopra: gestisco pagine social di clienti e scrivo contenuti SEO-oriented.
Lavoro da freelance quindi ho dei clienti fissi e dei progetti saltuari.
La verità è che mi alterno tra questo e il mio lavoro da tour leader, cioè accompagno viaggi di gruppo.
Sì, direi che riesco a mantenermi. Qualche volta meglio, qualche volta peggio.
Secondo me, se stai pensando di intraprendere anche tu uno stile di vita da nomade digitale devi scegliere un lavoro che ti piace fare e cercare di ottimizzare quello, trovando dei clienti o lavorando per un’azienda.
Social e scrittura, oggi, sono lavori molto mainstream e non è facile farsi pagare e farsi pagare bene. Ma lavorando un po’ sulla qualità, piuttosto che sulla quantità, secondo me, prima o poi si riesce.
Oltretutto, per valore di onestà, in questo mio giro vagabondo tra l’Italia e la Germania, devo ammettere che sono stata ospitata. Sono partita con un progetto europeo e sono passata a trovare mie amiche e miei amici in varie città. Viaggi che progettavo da un po’ e che ho messo insieme in un unico giro.
Quindi sì, certo che ci si può mantenere lavorando da remoto, ma dipende sempre dal rapporto guadagno-spesa. Non è molto diverso che stare nella propria città e avere una casa in affitto, qui forse bisogna aggiungere i viaggi.
È stressante la vita da nomade digitale?
Sì.
Cambiare posto ogni 10 giorni al massimo per me è stressante.
Fare la valigia non è una cosa che adoro. Doverla rifare puntualmente in un posto che non è casa mia è una cosa che adoro ancora meno.
Si fa, come tutte le cose. Ho fatto di peggio, tipo cambiare albergo ogni due giorni per tre settimane nel viaggio con Lighter, i veterani lo ricorderanno.
Poi, come dicevo prima, dipende sempre come si decide di viaggiare: rimanendo un po’ di più nei posti sicuramente diventa meno faticoso. Sia per la valigia da non dover rifare continuamente, sia per il non doversi continuamente riabituare a un posto nuovo.
Un altro aspetto faticoso per me è proprio questo: io sono lenta nel vivere i posti e quando arrivo in un posto nuovo ho bisogno di tempo per farci amicizia. Un tempo che si velocizza se resto lì per poco, si dilata se avevo deciso in precedenza di prendermela comoda.
Com’è vivere da nomade digitale?
Ci si adatta e questa è la virtù, a mio parere, più grande di questo stile di vita in viaggio.
Si sviluppa, nella vita da nomade digitale, una capacità di adattamento che non si conosceva prima.
Non è il solito discorso di uscire dalla propria comfort zone, o forse sì, sicuramente lo comprende. Ma è di più.
Per me è stata una necessità.
Soffro di quella brutta malattia del nuovo millennio che è l’iperattività e se resto troppo tempo a non darmi qualche stimolo nuovo comincio a sentire che qualcosa non va.
Certo, da aggiungere di tanto in tanto qualcosa di nuovo alla propria vita a trasformarla in un itinerario costante ce ne vuole, lo so. Però, sono scelte.
Tu riusciresti mai a vivere in viaggio o a spostarti continuamente come fanno i nomadi digitali?
Parliamone nei commenti e confrontiamoci!
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Ciauz,
Santa