Shock Culturale
Cos'è, come funziona e come affrontarloSe ti sei trasferito da poco in un posto nuovo e stai provando sensazioni “strane”, quello che stai vivendo è probabilmente uno shock culturale: tranquillo, ci siamo passati in tanti e oggi vediamo cos’è e come funziona.
Trasferirsi all’estero, in un’altra città o anche solo fare un viaggio un po’ più immersivo può avere come effetto quello di farci uscire dalla nostra zona di comfort. Cambiare abitudini, routine, luoghi può avere un impatto emotivo che è comunemente definito shock culturale.
Ma andiamo con calma. Ho provato talmente tante volte questa sensazione che oggi ho deciso di sviscerarla e parlarne per provare ad aiutare il povero malcapitato che inciamperà su questo articolo a capirci un po’ di più della confusione della nuova avventura geografica.
Vediamo quindi:
- cos’è uno shock culturale e come funziona;
- le tipiche obiezioni di chi lo prova;
- le cinque fasi dello shock culturale (esistono pure teorie a riguardo, pensa!);
- consigli utili per affrontarlo.
Cos’è uno shock culturale e come funziona
Le tipiche obiezioni di chi prova uno shock culturale
Quando abbiamo un atteggiamento di sfida verso una cultura o un posto nuovo, quando paragoniamo tutto a casa nostra – e ovviamente a casa nostra tutto è migliore – siamo probabilmente in pieno shock culturale.
No, la pizza la fanno meglio a Napoli e questo non ha NULLA a che fare con lo shock culturale, fidati!
Le tipiche obiezioni di una persona in preda alla nostalgia di casa – di solito verbalizziamo così lo shock culturale – hanno a che fare con i più disparati ambiti del posto nuovo, ma si concretizzano solitamente su degli appigli che ci servono per perorare la causa.
Il cibo a casa è più buono. Nel posto nuovo ci sarà sempre quel particolare alimento che ci mancherà all’infinito o che, se c’è, non sarà come lo troviamo a casa nostra. Sarà meno morbido, meno croccante, meno saporito.
Insomma, il cosa non è importante, ma il come si ripeterà sempre in un copione che ripropone la solita tiritera.
Le persone sono diverse. E questo forse è l’aspetto più importante dello shock culturale. Sappiamo benissimo che la cultura di un posto forgia le menti che lo abitano (e viceversa) e quindi farà parte del gioco confrontarsi con atteggiamenti collettivi diversi da quelli di casa nostra. Che poi siano più freddi, più chiassosi, più invadenti, più strafottenti è solo un pretesto di diversità.
Le amicizie sono più superficiali. E questa è una sensazione che si può provare soprattutto una delle prime volte che si esce di casa. Il motivo è semplice: a casa abbiamo gli amici di una vita, quelli con cui siamo cresciuti e ovviamente nella città nuova non potrà mai succedere.
Tuttavia nella nuova esperienza si possono avere delle amicizie altrettanto belle e profonde, anche se non conosciamo queste persone da una vita. Un po’ perché in viaggio succede tutto più velocemente e intensamente, un po’ perché magari anche queste persone staranno vivendo una situazione simile alla nostra, magari perché il nostro atteggiamento mentale sarà diverso da quello che abbiamo a casa.
La parola chiave dello shock culturale è rinnovarsi.
Le cinque fasi dello shock culturale
Questo fenomeno è stato studiato in psicologia, quindi quando soffrirai la solitudine nella nuova città e penserai che nessuno capisce come ti senti, sappi che ti sbagli!
Ci sono diverse teorie che sintetizzano le varie fasi dello shock culturale, ma quella che, secondo me, è più veritiera è quella che prende la forma di una W, che riassume perfettamente gli alti e i bassi che una persona si trova ad affrontare.
Anche se ti sentirai un mese dottor Jekyll e un mese Mr. Hyde, sappi che è tutto nella norma!
La luna di miele
Lo shock culturale
Si tratta della prima crisi matrimoniale, la fase in cui finisce la novità e ci ritroviamo ad affrontare una vita quotidiana in un posto che però quotidiano non ci sembra, per lo meno non in questa fase.
Questo è il momento in cui solitamente ci si chiuse e si propongono tutte le belle obiezioni di cui parlavamo prima, si cominciano a notare i difetti del posto nuovo e comincia a darci fastidio un po’ tutto.
È la fase della malinconia, della solitudine, dello straniamento.
Passerà!
Primo adattamento
È passato!
Questo è il momento in cui ci cominciano a diventare familiari dinamiche che inizialmente ci avevano stranito, cominciamo a costruirci una nuova routine e a sentirci un po’ più a casa.
È decisamente il mio momento preferito.
Shock culturale inverso o da rientro
La fase dello shock culturale inverso, quello anche detto shock culturale da rientro.
Quando passiamo un periodo all’estero e poi rientriamo a casa ci sembra tutto diverso da come era prima. La verità è che l’unica cosa diversa siamo noi e quindi guardiamo tutto con occhi nuovi.
A volte l’atteggiamento che inizialmente avevamo con il posto nuovo lo catapultiamo su casa nostra.
Quanto mi hanno odiato, secondo te, i miei amici quando sono tornata la prima volta dall’Erasmus e, secondo la me di allora, era tutto misurato con il metro di Berlino?
Un nuovo equilibrio
Viaggiare ci aiuta decisamente a crescere e anche a capire che non esiste universalmente un “meglio” e un “peggio” ma che tutto fa parte di un gioco che ci aiuta sempre di più a crescere e a conoscere.
E, secondo me, è lì la chiave di tutto: uno spostamento continuo che ci fa sempre un po’ spostare – e oserei dire allargare – il nostro punto di vista.
In questa fase dello shock culturale si sviluppa una piccola maturità e una consapevolezza verso il viaggio in generale. Questo è il momento in cui, se si guarda indietro, si vede l’evoluzione fatta.
Ma non avere fretta di raggiungerla, ogni fase a suo tempo e ogni fase è bella così com’è e con i tempi che ha!
Consigli utili per vivere meglio lo shock culturale
Prima di volare via e affrontare lo shock culturale con più serenità iscriviti alla Newsletter per rimanere aggiornato su tutte le novità e i viaggi che ci saranno.
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Fammi sapere nei commenti quali sono le tue difficoltà quando viaggi e soprattutto come le affronti!
Mi è capitata una cosa simile , in passato, quando mi sono dovuto trasferire in Valle d’Aosta per lavoro per circa un anno in un paesino anonimo. Abituato ad avere il mare davanti costantemente, mi son ritrovato circondato dalle montagne… Alla fine sono esperienze che rafforzano la propria indipendenza.
Assolutamente sì, verissimo. Poi cambiano anche alcune priorità secondo me 🙂